«L’attuale impostazione dell’art. 41bis dell’ordinamento penitenziario è una forma legalizzata di tortura oltre ad essere completamente slegata da una visione scientifica dell’esecuzione della pena. Un conto, infatti, è impedire qualsiasi forma di comunicazione tra il detenuto e l’ambiente criminale di provenienza, un altro è puntare alla distruzione dello spirito e della coscienza di un essere umano, al di là delle sue responsabilità penali».
A dirlo è l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale e già commentatore per la Bbc e il New York Times.
«Il 41bis, nella sua formulazione attuale, è contro i diritti civili e non ha nulla di rieducativo – prosegue – perché introduce, in maniera surrettizia, una forma di vessazione fisica e psicologica contraria a tutte le convenzioni sui diritti dell’uomo».
«Non si può chiudere a vita un individuo in uno spazio angusto privandolo della possibilità di dare sfogo agli interessi e alle pulsioni dello spirito. Imporre il limite di soli 4 libri all’anno è un inutile e controproducente accanimento perché proprio la lettura schiude la mente e insegna a guardare il mondo attraverso gli occhi e le sensibilità degli altri. Dovrebbe, anzi, essere incentivata con la possibilità di poter accedere in piena libertà ai testi della grande letteratura mondiale».
«La stessa assurda barriera che vale per la fruizione musicale che pure dovrebbe essere incentivata, con l’aiuto delle tecnologie, anche per consentire lo studio di strumenti musicali – continua l’avvocato Tirelli –, e per la produzione cinematografica attuale e passata. Non è contrario al senso di umanità e a una impostazione scientifica della esecuzione della pena dotare un detenuto di un tablet col quale scoprire i capolavori immortali della settima arte oppure scoprire, con le dovute accortezze, il mondo in continua espansione di Internet. Va insomma consentita pari dignità a tutti gli strumenti culturali, musica, film e libri, senza limite di tempo o quantità».
«Bisogna rieducare i detenuti al miglioramento della propria persona e del proprio cervello, non imbarbarirli e ghigliottinarne le possibilità di una redenzione anche spirituale. Per questo, potrebbe essere utile anche offrire loro la possibilità di curare e mantenere, nelle sezioni speciali, piccolissimi animali da compagnia. In maniera tale da sviluppare nuovamente, in chiave attiva e passiva, quel senso di affettività che le lunghe e difficili detenzioni di fatto distruggono».
Per Tirelli è fondamentale «operare una distinzione tra esecuzione della pena e tortura mascherata». «Nessuna esigenza penale giustifica la distruzione di un essere umano e il suo annientamento psicofisico». «Il concetto di “bara di cemento”, negli stessi anni in cui inizia l’avventura del turismo spaziale e si ragiona su colonie umane su altri pianeti, non è solo anti-storico ma profondamente mortificante – conclude Tirelli – per la civiltà occidentale».