La sanità nel Sud Italia versa da tempo in una condizione di emergenza. Chi sostiene che l’autonomia differenziata aggraverà ulteriormente il quadro non tiene conto del fatto che la frammentazione e le disuguaglianze tra i vari sistemi sanitari regionali sono problemi presenti da molto prima. Infatti, il Servizio Sanitario Nazionale è già articolato in 21 sistemi regionali distinti, e ciò ha causato notevoli disuguaglianze nella qualità delle cure, soprattutto nelle aree meridionali.
Le difficoltà della sanità al Sud: sprechi e inefficienze
La Fondazione Gimbe, pur contraria al decentramento, sottolinea che i valori di universalità, uguaglianza ed equità su cui si fondava il SSN 45 anni fa, sono oggi un lontano ricordo. Gimbe afferma che “ci ritroviamo con 21 sistemi sanitari regionali profondamente diseguali, con i residenti nella maggior parte delle Regioni meridionali a cui non sono garantiti nemmeno i Livelli essenziali di assistenza (LEA)”. Chi critica l’autonomia differenziata teme un peggioramento, ma senza considerare le possibili opportunità che questa riforma potrebbe offrire per una gestione più efficiente da parte delle amministrazioni locali.

Mobilità sanitaria passiva: il peso sulle regioni meridionali
La situazione nel Sud è già gravemente compromessa. Le regioni del Mezzogiorno soffrono di una forte mobilità sanitaria passiva, con pazienti che si spostano al Nord per ricevere cure adeguate. I saldi passivi superano il miliardo di euro, con Campania, Calabria, Sicilia e Puglia che presentano i deficit più elevati. Inoltre, le regioni del Sud sono molto indietro per quanto riguarda la digitalizzazione del fascicolo sanitario, avendo completato meno del 5% del lavoro previsto. I dati del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) mostrano come, per raggiungere gli obiettivi sull’assistenza domiciliare, la Sicilia dovrà migliorare del 131%, la Campania del 294%, la Puglia del 329% e la Calabria addirittura del 416%.
Autonomia differenziata: opportunità o minaccia?
In un contesto del genere, diventa complesso sostenere che l’autonomia differenziata possa ulteriormente peggiorare la situazione. «L’autonomia differenziata è un’opportunità per le regioni di aumentare l’attrattività non solo in ambito nazionale, ma Ue. Dobbiamo mettere di fronte chi amministra a responsabilità di tipo finanziario, assumendosi anche le responsabilità economiche di scelte che gli amministratori fanno verso persone e fornitori di loro fiducia» afferma Antonio Graziano, fondatore e presidente del gruppo Rigenera-Hbw, è uno scienziato napoletano che si occupa di biotech.

«Qui non si tratta di una sfida tra la Calabria e il Piemonte, ma di una competizione tra la Calabria e le regioni tedesche o francesi. O ci attrezziamo bene o soccombiamo». «Qualcuno si lamenta che mancheranno i soldi per gli ospedali? A parte che già mancano, ma è chiaro che mancheranno se non sarai in grado di amministrare bene e di portare risorse nel tuo territorio». Sui contratti dei medici spiega: «La maggiore libertà di gestione consente di reclutare professionisti di valore e frenare la fuga di cervelli. Se offri stipendi adeguati, i medici non scapperanno nel privato o all’estero».
In definitiva, la sanità del Sud Italia è già in condizioni estremamente precarie. Sostenere che l’autonomia differenziata ne peggiorerà lo stato è una visione riduttiva che ignora le responsabilità locali e le potenziali opportunità che la riforma potrebbe fornire per correggere le inefficienze strutturali del sistema.