«L’autonomia differenziata delle Regioni, così come approntata, presenta numerose criticità che non fanno bene all’economia dell’Italia e del Sud in particolare. Sempre più a Roma si parla di voler attrarre investimenti stranieri ma sempre meno si mette gli imprenditori nelle condizioni di poter produrre ricchezza in tranquillità nel sistema italiano». Lo afferma in una nota Antonio Visconti, presidente dell’Asi di Salerno e numero uno della Federazione italiana consorzi enti industrializzazione.
La Ficei ha esaminato la materia attraverso uno studio che approfondisce l’argomento anche dal punto di vista economico. E sono emerse diverse criticità. A partire dalla difficoltà della determinazione dei Lep (Livelli Essenziali di Prestazione), il loro finanziamento. Dallo studio sono emerse anche numerose perplessità sul tema delle risorse umane e amministrative necessarie ad applicare sul campo tutti i trasferimenti di competenze e attribuzioni.
«Per quanto riguarda le materie ‘non Lep’ – si legge nello studio del raggruppamento dei Consorzi Enti Industrializzazione – la legge stabilisce che il funzionamento delle attribuzioni eventualmente devolute alle Regioni, ovvero alla Regione richiedente, avverrà attraverso il gettito tributario regionale. È altamente probabile che gli enti regionali che disporranno di maggiore base imponibile, potranno a loro volta disporre di maggiori risorse, anche in misura superiore rispetto a quelle necessarie a sostenere le nuove attribuzioni. Ma ci saranno difficoltà anche relative alla distribuzione delle funzioni amministrative; l’assenza di misure di perequazione, ovvero dell’istituzione di un fondo perequativo; l’assenza di specifiche misure a tutela dell’interesse nazionale; l’assenza di una determinazione specifica in relazione ai costi e agli oneri dell’intervento».
«In quest’ottica ci troveremmo davanti a un duplice paradosso: ogni Regione potrebbe chiedere l’attribuzione di una o più materie, con la conseguenza che ci si potrebbe trovare al cospetto di una pluralità di discipline normative riferite a medesime fattispecie. L’altro ulteriore paradosso che potrebbe verificarsi è dato dall’extragettito delle risorse nelle Regioni con maggiore base imponibile, la quale cosa porrebbe problemi di equità nazionale, e genererebbe un sistema di finanza pubblica a detrimento di risorse finanziarie per lo Stato» afferma il presidente Visconti.
Inoltre alcune materie come produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia sono difficilmente frazionabile, e investono anche le tematiche relative alla valorizzazione di beni ambientali, parchi e riserve naturali, inquinamento, smaltimento rifiuti, risorse idriche, difesa del suolo, acque e acquedotti e altri. Un esempio può essere il commercio con l’estero nel cui ambito rientra l’importante area tematica dell’internazionalizzazione delle imprese, già oggi interessata da una disciplina farraginosa.
In definitiva, secondo lo studio, il sistema produttivo, e con esso le imprese, potrebbero trovarsi al cospetto di una disciplina differenziata tra diverse regioni, in tema di autorizzazioni edilizie, regolazione portuale, commercio con l’estero, e tutela dell’ambiente, e tanti altri.
«È evidente che da un lato le Regioni rappresentano uno strumento di maggior coordinamento con le politiche insediative e che spesso i primi interlocutori proprio in questi ambiti sono le Regioni, ma dall’altro lato immaginare dei settori differenziati tra Regione e Regione o delle discipline diversificate può aumentare l’incertezza e anche diminuire l’attrazione del nostro Paese per gli investimenti. Il tutto, tra l’altro, è quasi contraddittorio rispetto alla disciplina sulla Zes unica che vede una macro regione composta da otto regioni, che hanno un unico soggetto chiamato ad autorizzare gli insediamenti produttivi, proprio nell’ambito della struttura di emissione della Zes», rileva Visconti.
«Per cui riteniamo che questo provvedimento – conclude il numero uno della Federazione – abbia ancora oggi dei grossi limiti, apra una serie di dubbi e anche perplessità su quelle che potrebbero essere degli interventi da parte dei legislatori regionali poco utili al sistema delle imprese, che chiede certezza delle regole, uniformità, snellimento burocratico, accelerazione degli interventi. Ci auspichiamo davvero che materie così complesse non creino una frammentazione delle politiche insediative industriali».