L’”opzione Draghi” di un debito comune all’Ue è sul tavolo di Bruxelles. Secondo quanto riportato dal Financial Times, i funzionari della Commissione europea si sarebbero già messi al lavoro per valutare il piano di lanciare gli eurobond per finanziare il futuro dell’Unione, come auspicato dall’ex presidente della Bce nel suo Rapporto sulla competitività. Lo stesso ex premier è tornato a parlare del suo report, rilanciando il suo appello sull’esigenza di rinnovare la strategia per il finanziamento del Next Generation Eu, ammettendo però che “ci vorrà tempo”.
L’”opzione Draghi”
Il piano lanciato da Draghi nelle 400 pagine del suo Rapporto sulla competitività sul ricorso a centinaia di miliardi di euro di obbligazioni, come quelle rilasciate durante la pandemia, permetterebbe all’Unione europea di evitare che gli interessi sul debito sottraggano ingenti risorse al bilancio dell’Ue.
È l’ipotesi di studio che, secondo il Financial Times, starebbero prendendo in esame i funzionari a Bruxelles: per il quotidiano economico le stime prevederebbero un rifinanziamento del debito comune esistente fino a 350 miliardi di euro, con oneri calcolati in circa 30 miliardi, fra rimborso del debito e interessi.
Una somma pari a circa un sesto dell’intero bilancio europeo che, per gli addetti ai lavori della Commissione, potrebbe ostacolare il potere di spesa dell’Ue nei prossimi anni.
Le parole di Draghi
Del resto, che l’orizzonte temporale per la creazione di un debito comune all’Ue sia lontano lo sa anche Mario Draghi. L’ex numero uno della Banca centrale europea è tornato a parlare del suo rapporto durante l’evento “Il tempo delle donne” del Corriere della Sera.
L’ex premier italiano ha ribadito che “guardando la situazione dei vari governi in Europa è abbastanza scoraggiante perché sono tutti molto deboli quindi prendere grandi decisioni diventa difficile. Ma la risposta non deve arrivare in una settimana. L’importante è avere una visione a comune”.
“Si vuol essere padroni del proprio destino o no? Affrontare l’espansionismo cinese, l’aggressione russa, quel che succederà negli Usa in situazione di autonomia o di dipendenza, forse anche di servitù a un certo punto? – ha chiesto Draghi durante il suo intervento – Il rapporto vuole dare una risposta su cosa fare per essere indipendenti. Per esserlo bisogna avere un’unità di vedute, in politica estera, sulla difesa”.
Per l’ex capo della Bce il piano deve essere attuato anche a costo di aggirare l’assenza del consenso unanime di tutti e 27 dell’Ue: “Se si riesce bene, altrimenti si lavora a gruppi di Paesi, si fanno accordi intergovernativi“.
“Il calcolo dei 7-800 miliardi l’anno viene dal basso ed è stata una cifra raggiunta da due istituzioni indipendenti Commissione e Bce” ha spiegato nuovamente Draghi, chiarendo che una delle principali fonti per finanziare il rilancio dell’Unione europea è rappresentata “in gran parte dai risparmi privati“.
“Noi risparmiamo moltissimo, più degli Stati Uniti. Fa dispiacere che la ricchezza delle famiglie americane sia tre volte la nostra e la questione ha a che fare con la crescita“, ha evidenziato.
“Il risparmio privato – ha sottolineato ancora – è il principale canale di finanziamento ma non con l’attuale mercato dei capitali, serve mercato più integrato”.
“Queste cifre sono gigantesche e il paragone col piano Marshall è per dare l’idea della grandezza ma sono realistiche” ha affermato Mario Draghi, aggiungendo che per raggiungere l’obiettivo “serve una parte di investimento pubblico comune perché sennò in alcuni casi il debito di alcuni Paesi diventa troppo alto e poi, noi lo sappiamo bene, è un disastro e si ferma tutto. Questa è la logica”.