(di Paolo Petroni)
DEBORAH GAMBETTA,
”INCOMPLETEZZA” (PONTE ALLE GRAZIE, pp. 622 – 20,00 euro) –
”La straordinaria forza della matematica sta nel trovare leggi
coerenti, mi dico. Come la letteratura, in fondo, la cui forza
risiede nel rendere coerente ciò che non lo è, cioè la vita”:
si dice, ci dice Deborah Gambetta a un certo punto di questo suo
appunto straordinario, difficile, avvincente libro che è romanzo
e saggio assieme, fiction autobiografica e biografia di Kurt
Godel, matematico dalla vita complicata che ha segnato la
ricerca scientifica del Novecento e creato la logica matematica
moderna. Un libro che per qualità stilistica e sviluppo
sperimentale si è aggiudicato la prima edizione del Premio
Speciale Giorgio Patrizi – Lugnano.
Per l’autrice ”ristabilire l’ordine” è l’obiettivo di ogni
attività intellettuale, poiché ”siamo tutti alla ricerca di una
risposta, di una verità. Che sia solcando il mare vasto della
matematica, o quello altrettanto vasto della vita”. Ed è quello
che lei ha fatto, mettendosi in gioco in prima persona e
indagando totalmente a fondo, andando alla ricerca di ogni
particolare, di ogni parola scritta di Godel (1906 – 1978)
sapendo che ”per tutta la vita volle che le sue dimostrazioni
matematiche parlassero per lui”.
Il libro è il racconto di uno slittamento, del passaggio
liberatorio tra due passioni, un amore distruttivo da cui sente
la necessità di liberarsi, e l’amore per questo personaggio di
gran fascino, amico stimatissimo di Einstein, genio ipocondriaco
(si lasciò morire di fame per la paranoia di essere avvelenato)
che, solo per impegno logico, cercò da ateo di dimostrare
l’esistenza di Dio, ma soprattutto dimostrò il suo celebre,
sostanziale Teorema dell’Incompletezza costituito da due
enunciati, il secondo dei quali corollario del primo, che
(semplificando molto) dicono che un sistema matematico non può
essere sia coerente (‘non contraddittorio’) che completo (in
grado di ‘parlare di tutto’), ovvero di cui non si può
dimostrare né la verità né la falsità.
Una serie di concetti difficili da raccontare e capire.
Gambetta, con alle spalle normali studi umanistici, ha dedicato
anni e studio rigoroso per affrontare il mondo dell’alta logica
e matematica, su cui non sorvola, per chi è interessato, mentre
invita lei stessa chi ha difficoltà a saltare varie pagine, in
alcuni punti. Perché il suo intento era quello di scrivere
innanzitutto una storia, una vita, un’ossessione, autrice di già
cinque romanzi, l’ultimo del 2016 ‘L’argine’, sulle ossessioni
di un uomo cui, persa ogni positiva certezza e affetto, cede
ogni argine interno e diventa assassino. Allora l’attenzione va
alla scrittura naturalmente, precisa, incisiva e chiara senza
alcuna sbavatura, che anche in questo trova un legame con Godel
che aveva un rapporto forte con le parole e le sostituiva,
limava, riscriveva tanto da ”sembrar cercare la stessa
limpidezza cristallina di un simbolo matematico e, nella catena
di frasi che traducevano il suo pensiero, il medesimo,
essenziale rigore di una formula ben formata”.
Si capisce come sia allora la forma a farsi sostanza e dare
forza al romanzo tra vita e pensiero, tra letteratura e
matematica, premiando il lettore che faccia lo sforzo di entrare
in queste pagine anche dopo l’inizio, con la vicenda personale
dell’io narrante, quando si arriva alla Parte Prima della
biografia con la prima malattia a otto anni che lo segna per
sempre. Qui si parla della madre di Godel e Gambetta parla
allora del primo incontro con la madre del suo compagno, e così,
via via, cresce un suo legame naturale, una partecipazione,
quasi un’identificazione con Adele, che sarà la compagna, il
sostegno di una vita per quell’uomo complicato, la cui esistenza
si incontra, oltre che con Einstein, con quella di Moritz
Schlick (fondatore del Circolo di Vienna), Robert Oppenheimer,
Bertrand Russel, Oskar Mongenstern, per citare i più noti ai non
addetti ai lavori.
Potremmo dire che questa è un’opera ambiziosa, un racconto di
bella scrittura sull’ambiguità della verità tra la mente e il
cuore, tra normalità e follia, che riesce però a farci partecipi
di un’indagine personale e storico-scientifica che tende
all’assoluto, quello stesso di Godel, in cui il tutto e il nulla
si fondono e in cui intravedere quel po’ di luce che può dar
senso a una vita e, certamente, a un lavoro letterario che
annulla i limiti tra quelle che Snow (giusto 60 anni fa) aveva
chiamato ‘le due culture’.
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