La rete ferroviaria capillare che
consente il trasferimento delle merci dalla nave al treno, fino
in Europa continentale, e la diversificazione delle attività.
Sono i due fattori che mantengono competitivo il porto di
Trieste anche in questa fase di forte incertezza geopolitica.
Fase, che, tuttavia, nell’instabilità dovuta alla quasi chiusura
del Canale di Suez, sta trovando un suo equilibrio. Così, dopo
una brusca battuta di arresto nel traffico container registrata
nei primi mesi del 2024 (-7%), già da maggio si manifestano i
primi segnali di una ripresa.
Il commissario dell’Autorità portuale di Trieste e
Monfalcone, Vittorio Torbianelli, sottolinea che “il traffico
petrolifero non è stato intaccato da Suez perché la logistica è
molto meno sensibile su quell’aspetto”, e che “Trieste è
fortunata perché ha un modello logistico fondato sulla ferrovia,
quindi le compagnie prima di fare modifiche ci pensano molto
bene: da qui i treni arrivano in Baviera, Cechia, Austria,
Ungheria”. Inoltre, lo scalo giuliano “non è un porto
iperspecializzato”: che significa Far East, Middle East e India
(che potrebbe diventare un nuovo protagonista mondiale),
traffici intramediterranei.
Prescindendo tuttavia dai fatti contingenti, su Suez e il suo
ruolo politico occorrerà avviare un dibattito: il Napa,
l’Associazione dei Porti del Nord-Adriatico ha già inviato un
documento alla Commissione europea per l’avvio di un ampio
confronto sul tema.
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