Un dizionario di cultura urbana
tascabile, con tanto di illustrazioni d’autore, che punta a
raccontare Bologna attraverso lo slang delle sue ‘balotte’. È
questo lo spirito con cui Francesco Perlini, 27 anni, laureato
in Lettere, grafico e copywriter, ha compilato, lemma dopo
lemma, l’Albertazzi. “A segnarmi le parole ho cominciato nel
2016 – racconta – L’Albertazzi all’inizio era un fascicoletto
di poche pagine, poi via via ha preso forma”. È in libreria per
Pendragon.
Gergo dei ventenni e dei trentenni bolognesi, un po’ di
dialetto, modi di dire, giochi di parole. Scorrendo le voci
dell’Albertazzi – nato dalle parole che Perlini e i suoi amici
della ‘balotta’ del quartiere Mazzini utilizzavano tra loro –
c’è un po’ di tutto. Emblematico è il cammello in copertina,
disegnato da Valeria Cavallone e Lufo, che rappresenta il verbo
‘incammellarsi’, sinonimo di soffermarsi. “L’Albertazzi è
innanzitutto lo slang”, spiega Francesco Perlini e racchiude non
solo il linguaggio che si parla a Bologna, ma anche “influenze
da altre regioni” e “da altre parti del mondo”, oltre a
influenze musicali e della rete. Ispirato al dizionario di
latino, l’Albertazzi- che ha preso il nome dalla via dove
Perlini e i suoi amici, oggi quasi trentenni, si davano
appuntamento – vuole raccontare non solo il lessico di “un
gruppo di amici che inventa delle parole” ma anche descrivere il
loro mondo e un’intera generazione.
La veste grafica del progetto è curata da Chialab, con cui
Perlini collabora: “L’Albertazzi – dice – è stato il mio
progetto di tirocinio con loro”. Anche le illustrazioni di
Valeria Cavallone e Lufo “hanno due stili diversi ma sono
compatibili fra loro – conclude Perlini – alcune immagini sono
piccole, altre sono a tutta pagina” e mescolano tra loro rosso e
nero.
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