Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaSi riprendono i settori culturali dopo la pandemia. Tutti tranne il cinema, che non riesce a raggiungere i livelli di fruizione pre-Covid e segna anzi sul 2019 un -15% nell’ultimo rapporto annuale di Federculture. Colpa delle piattaforme gradite al pubblico più giovane e destinate a soppiantare la sala? Non proprio.Guardando ai dati sulla fruizione cinematografica nelle diverse generazioni nel 2023, gli Under 35 primeggiano con più del 50% di partecipazione, arrivando a picchi del 72% nella fascia 20-24 anni. Di contro, dopo i 35 anni la percentuale non arriva mai al 50 per cento. Un ritorno, quello dei giovani alla sala, già intercettato un anno fa dalla ricerca «Gli italiani e il cinema» commissionata dalla Direzione generale Cinema e audiovisivo del ministero della Cultura a Università Cattolica del Sacro Cuore (Ucsc) e Swg, che individuava in Gen Z e Millennial i più attivi nei consumi audiovisivi. A conferma ulteriore del trend, anche le rilevazioni 2023 di Cinetel sul pubblico, dove gli Under 35 rappresentano in totale il 55% degli spettatori.Loading…«I ragazzi sono stati i primi a sentire questo vento di ritorno verso la sala – ci ha detto il presidente dell’Associazione nazionale esercenti cinema (Anec) Mario Lorini –. Sono i primi che ci aiutano, perché sono più veloci, hanno più tempo libero, si scollano dal divano più facilmente. Addirittura, e lo abbiamo visto durante le proiezioni scolastiche, molti giovanissimi non erano neanche mai stati in sala. Quelli meno giovani magari sì, ma non avevano mai visto in sala un determinato film, ed ecco che le riproposizioni di capolavori datati hanno avuto successo».Sembra venir meno, insomma, la retorica che vede spadroneggiare le piattaforme. D’altronde, pure i dati Auditel relativi alla variazione 2017/2023 dell’utilizzo di servizi di streaming avevano registrato gli aumenti più importanti nelle fasce d’età di più avanzate, mentre per i giovani la crescita risultava più contenuta. «Prima – prosegue Lorini – c’erano spinte verso una visione concorrenziale, che vedeva l’industria cinematografica sbilanciarsi verso le piattaforme. L’ottica ora è invece quella della convivenza: non esiste una concorrenza tra piattaforme e sala perché c’è compresenza, sono due attori dell’industria cinematografica. Anche perché, se si lavora insieme i risultati sono migliori per entrambi. Lasciamo che il film faccia la sua vita in sala, e poi passi alle piattaforme».Nel 2020 i vari attori dell’industria cinematografica si sono trovati a lavorare in sinergia per far fronte alle difficoltà portate dal Covid. Ma la formazione di un unico movimento che tenesse insieme produzione, distribuzione, esercenti e Ministero era già iniziato un anno prima, nel 2019, con l’unione sotto un unico sistema di piccole realtà locali, multisale, cinema d’essai. «La pandemia ci ha messo un po’ in difficoltà ma abbiamo visto che mettendoci davvero tutti insieme potevamo fare qualcosa. Abbiamo sviluppato attività collaterali, capito come dialogare con il pubblico. Il mercato della sala si è trasformato molto, sta cambiando anche il ruolo degli esercenti. Siamo presidi sociali e culturali, ora i cinema stanno facendo delle cose incredibili, tra aperitivi, musicisti, incontri con attori e registi… è un’esperienza che si allarga, un momento di grande progresso e rilancio. Durante il Covid il Ministero ha visto nella sala il punto forte del rilancio del cinema; c’è stata una ripresa lenta, sostenuta da grandi campagne di comunicazione fatte insieme all’industria».